L’affitto di azienda è un contratto piuttosto diffuso tra le imprese, poiché permette di utilizzare i beni aziendali di altri in cambio del pagamento di un canone, senza essere costretti ad acquistarli. Questa tipologia di contratto presenta numerosi vantaggi sia per l’imprenditore affittante che per quello affittuario: vediamo in cosa consiste nello specifico, la sua durata, le regole che la disciplinano, le modalità di stipulazione del contratto.
Affitto d’azienda: le regole
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Il contratto d’affitto d’azienda viene disciplinato dagli articoli 2561 e 2562 del Codice civile. In realtà l’art.2561 definisce e regola l’usufrutto di azienda, ma il richiamo all’articolo seguente (il 2562) permette di far rientrare nella definizione anche l’ipotesi di affitto. Questa tipologia di contratto prevede che il proprietario di un’azienda conceda ad un terzo la gestione della stessa restando però titolare della proprietà. Da parte sua l’affittuario è tenuto alla corresponsione di un canone periodico in cambio dell’utilizzo di una parte o di tutti i beni aziendali. Questi devono essere restituiti a fine contratto nelle medesime condizioni in cui sono stati trovati. L’art. 2562 c.c. introduce, in capo all’affittuario, l’obbligo specifico di “mantenimento dell’efficienza aziendale”. Proprio a questo scopo, la legge stabilisce che il terzo affittuario possa godere non solo delle dotazioni di scorte, ma anche degli impianti aziendali: in pratica potrà disporre sia del capitale fisso che di quello circolante. Altri articoli del codice civile che si applicano ai casi di affitto d’azienda sono l’art. 2112 (diritti dei lavoratori nell’eventualità del trasferimento di azienda), l’art. 2557 (che disciplina la concorrenza), l’art. 2558 (successione nei contratti). Si riferiscono all’affitto di azienda anche le norme del codice civile in tema di locazione in generale (artt. 1616-1627 c.c.).
Durata dell’affitto d’azienda
La normativa contenuta nel codice civile a proposito di “locazione” in generale si riferisce anche all’affitto di azienda. Ma la giurisprudenza ha però stabilito dei limiti all’estensibilità della disciplina della locazione: in particolare, non può essere applicata all’affitto di azienda la normativa vincolistica della legge n. 392 del 1978 intitolata “Disciplina delle locazioni di immobili urbani”. Di conseguenza, ad esempio, non vi è alcun limite di durata in materia di affitto di azienda, poiché questa può essere liberamente fissata dalle parti. Altrettanto liberamente possono essere determinate sia la sorte del contratto una volta scaduto che l’eventuale recesso delle parti.
Affitto d’azienda e crisi d’impresa
Uno degli strumenti più efficaci per risolvere crisi di impresa anche piuttosto gravi è proprio l’affitto di azienda. Stipulare un contratto di affitto di azienda può essere infatti considerato una valida soluzione per non compromettere il business aziendale e dare continuità alla gestione. L’affittuario, però, non deve però affrontare le passività e i debiti dell’imprenditore che lo ha preceduto.
Affitto d’azienda: forma e costi
Per quanto concerne la forma del contratto di affitto di azienda, la legge stabilisce che sia questo che la cessione vengano stipulate con atto pubblico o scrittura privata autenticata, alla presenza di un notaio. Solo dopo i contratti possono essere pubblicati presso il Registro delle Imprese (entro i 30 giorni successivi). Nello specifico, il Notaio è responsabile per il versamento dell’imposta di registro e delle imposte indirette in generale. I costi notarili della stipulazione dell’atto di affitto si aggirano intorno ai duemila euro. Ovviamente l’affitto d’azienda prevede altre spese ed oneri per le parti, ad esempio quelle per il personale che dovrà subentrare nella nuova gestione aziendale.
Affitto d’azienda con opzione di acquisto
Oggi, insieme al classico affitto d’azienda, è particolarmente diffuso quello con opzione d’acquisto (chiamato anche “rent to buy”). In questo caso, il contratto di affitto avente ad oggetto l’azienda è da considerarsi “preparatorio” all’acquisto vero e proprio, in quanto permette all’aspirante acquirente di subentrare nella gestione aziendale in veste di affittuario, e di poter procedere all’acquisto entro il termine di tre anni al massimo. In genere il futuro acquirente versa al proprietario una caparra pari a circa il 30% del prezzo fissato per la vendita (che resta bloccato per tutto il tempo in cui vige il contratto) e paga un canone mensile che, in parte, viene accantonato a titolo di canone per affitto, e in parte per l’acquisto da effettuarsi.