L’abolizione del voucher rappresenterà una vera e propria rivoluzione per il lavoro di tipo occasionale. La misura entrerà in vigore dal primo gennaio del 2018. Da quella data sarà necessario adottare una formula che possa inquadrare le prestazioni lavorative discontinue. Il lavoro a chiamata, ad esempio, può essere una delle soluzioni per regolare un tipo di rapporto occasionale o discontinuo.
Introdotto dalla Legge Biagi e regolato dal Jobs Act dell’esecutivo di Matteo Renzi, il lavoro a chiamata, conosciuto anche con il nome di contratto ad intermittenza o, in inglese, ”Jobs on Call”, rappresenta una formula utilizzata molto frequentemente nel nostro paese.
Lavoro a chiamata: le caratteristiche principali
Indice dei contenuti
Come disciplinato dalla normativa, il lavoro a chiamata avviene quando un lavoratore dipendente si mette a disposizione del datore di lavoro offrendo una prestazione ‘‘discontinua o intermittente” a seconda della necessità dell’azienda. La legge, inoltre, prescrive la possibilità di fissare la prestazione lavorativa in particolari periodi dell’anno, del mese o della settimana. Insomma si tratta di una formula particolarmente adatta al lavoro stagionale.
E’ importante, però, tenere presente alcuni determinati limiti che sono imposti alla sottoscrizione del lavoro a chiamata. E’ possibile stipulare il rapporto lavorativo intermittente solo con i soggetti minori di 24 anni di età o superiore di 55 anni (modifiche su questo limite sono oggetto di studio dell’Esecutivo).
Anche la durata prevede delle specifiche restrizioni. Secondo la legge il contratto intermittente è ammesso, con il medesimo datore di lavoro, per un periodo massimo di 400 ore in tre anni, ad eccezione del turismo, dei servizi pubblici e del settore dello spettacolo. Nel caso di superamento di detto tetto massimo, il rapporto di lavorativo si trasformerà da intermittente a stabile, ovvero a tempo indeterminato.
Naturalmente nei periodi in cui non viene erogato alcun tipo di prestazione lavorativa, al lavoratore non spettano trattamenti economici, tranne nel caso in cui abbia garantito, al datore di lavoro, la disponibilità di rispondere alle chiamate.
Quando non è possibile utilizzare il lavoro a chiamata
Non sempre è possibile accedere al lavoro a chiamata. La legge dispone l’impossibilità di utilizzare questa formula per la sostituzione dei lavoratori che esercitano il diritto di sciopero, per sostituire il personale a seguito dei licenziamenti di collettivi nella stessa unità produttiva, in caso di diminuzione degli orari lavorativi in regime di cassa integrazione e per la sostituzione dei dipendenti della stessa unità produttiva.
E’ previsto dalla legge, inoltre, che il datore di lavoro tenga informate le rappresentanze sindacali sull’andamento del contratto di lavoro a chiamata. Un altro obbligo che ricade sul datore di lavoro è la comunicazione alla direzione territoriale del lavoro competente attraverso un sms o una mail. In mancanza di tale comunicazione, è applicata una pesante sanzione compresa tra i 400 ad i 2.400 euro.
Malattia e retribuzione
Cosa accade nel caso in cui il lavoratore sia impedito a prestare l’attività lavorativa? In caso di malattia o altro condizione che possa interdire la risposta alla chiamata, il lavoratore è obbligato ad informare il datore di lavoro specificando la durata dell’impedimento. In questo determinato lasso di tempo non matura il diritto di indennità alla disponibilità normalmente riconosciuto ai dipendenti che si rendono disponibili alla prestazione lavorativa intermittente.
Nel caso di mancato avviso, il dipendente perderà il diritto di indennità per una durata di quindici giorni. Il rifiuto alla chiamata, inoltre, può portare al licenziamento per giusta causa del lavoratore oltre alla restituzione al diritto di indennità calcolata sul periodo successivo al rifiuto.
Ma a quanto ammonta la retribuzione per un contratto di questo tipo? La normativa prevede che il salario per un lavoratore a chiamata sia il medesimo di un dipendente a tempo indeterminato o determinato per analoga mansione. Lo stesso trattamento è applicato anche per il trattamento per malattia, le ferie, l’infortunio ed il congedo parentale e per maternità.