L’interruzione di un contratto lavorativo, con il successivo licenziamento, rappresenta un atto senza dubbio doloroso per il dipendente. Ma una somma di denaro, prevista in questo caso, rimborsa in parte il lavoratore. Si tratta dell’incentivo all’esodo, un tema sempre molto discusso e che ha subito significative modifiche dall’approvazione della Legge Fornero del 2012 e nell’ultimo Jobs Act proposto dall’esecutivo di Matteo Renzi. Ma a quanto ammonta la somma che può essere richiesta per l’incentivo all’esodo?
Incentivo all’esodo: come funziona?
Indice dei contenuti
Si tratta di una procedura che scatta quando un’azienda, che intende licenziare i propri dipendenti ed, al contempo vuole evitare possibili vertenze, propone una sorta di conciliazione con i lavoratori. In sostanza l’atto prevede un incentivo all’esodo che, come abbiamo detto, rappresenta una sorta di piccolo rimborso da versare ai lavoratori. Come deve agire il lavoratore in questo caso?
Il dipendente che si trova in questa particolare condizione deve valutare soprattutto un fattore: la posizione negoziale, cioè la condizione, di forza o debolezza, che lo vede negoziare con i proprietari della compagnia.
Comprendere la propria forza negoziale e, di conseguenza, la somma dell’incentivo all’esodo da richiedere non è sempre facile. Bisogna comprendere soprattutto in quali cardini la propria azienda si stia muovendo. Se il lavoratore ha il sospetto fondato, per non dire la certezza, che il licenziamento sia insufficientemente motivato o del tutto immotivato, ecco che può essere richiesta una somma maggiore.
Ma sono le proprie condizioni economiche a rappresentare uno degli elementi da valutare con maggiore attenzione. E’ bene tener presente se la somma che si riceverà, a titolo di incentivo all’esodo, sia realmente in grado di sostenere la famiglia nel prossimo futuro. Naturalmente ci troviamo di una condizione fortemente soggettiva e nella quale è necessario valutare altri fattori come il Trattamento di Fine Rapporto, l’indennità di mobilità, l’accesso o meno alla pensione e le possibilità di ottenere un nuovo contratto lavorativo.
Le regole per il licenziamento
Uno sguardo va riservato anche alla normativa ed al mercato del lavoro. Se prima del fatidico 2012 non esistevano teoricamente limiti alle somme negoziabili tra il datore di lavoro e i dipendenti, con la Legge Fornero molto è cambiato. In pratica il Governo ha introdotto la formula del licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Si tratta di un provvedimento che, ora, l’azienda può legittimamente realizzare sia per motivazioni di tipo economico che per un procedimento di ristrutturazione aziendale.
Nella situazione attuale possono essere annullati i licenziamenti discriminatori e quelli comunicati oralmente. La procedura di reintegro può essere realizzata solo nel caso in cui il magistrato accerti che, alla luce delle condizioni generali della compagnia, non sussista la giusta causa. In questo caso può essere previsto anche il risarcimento per non oltre 12 mesi con i corrispettivi contributi previdenziale determinati per quel periodo.
E’ possibile richiedere anche pagamento di una indennità equivalente a 15 mesi, in sostituzione del reintegro. Accertate irregolarità, vizi di forma o inesistenza di motivazioni adeguate, il magistrato può essere condannato a risarcire fino ad un massimo di 24 mensilità. Alla luce di questi elementi quanto può essere richiesto al lavoratore per l’incentivo all’esodo?
Incentivo all’esodo: a quanto può ammontare?
La modifiche alle leggi sui contratti di lavoro hanno letteralmente stravolto il tema dell’incentivo all’esodo complicando non poco la situazione. Il datore di lavoro, alla luce delle condizioni fino ad ora descritte, non proporrà mai una cifra oltre le 24 mensilità visto che, in caso di vertenza, non sarà mai tenuto a versare somme maggiori né sarà possibile chiedere somme maggiori.
Situazione differente, invece, per i contratti a tutele crescenti. In questo caso, la norma inserita nel Jobs Act, si applica nel solo caso in cui il licenziamento sia stato intimato al lavoratore assunto con le nuove norme definite appunto “a tutele crescenti”. Il datore di lavoro, in questa condizione, può offrirgli l’importo pari ad una mensilità per l’ultima retribuzione calcolata per la valutazione del Trattamento di Fine Rapporto, per ogni anno di prestazione, da un minimo di due ad un massimo di 18 mesi. E’ importante tenere presente che l’incentivo all’esodo non viene valutato come imponibile fiscale e non è oggetto di trattenute previdenziali.