Il lavoro accessorio è una formula sempre più diffusa in Italia. Si tratta del voucher, il tanto discusso buono lavoro che l’INPS eroga in occasione di prestazioni di tipo saltuario ed accessorio. Insomma uno strumento teso a regolamentare i rapporti lavorativi di tipo occasionale e che hanno riscontrato un vero e proprio boom negli ultimi anni. Ma quali sono le caratteristiche principali della formula di lavoro accessorio e “non continuativo” previsto dall’INPS?
INPS, lavoro accessorio: cosa sono i voucher?
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Hanno un valore “nominale” di dieci euro ognuno, una somma da cui viene detratta una quota sottoposta a tassazione, pari a 2,50 euro e corrisponde al compenso che il datore di lavoro eroga per la prestazione della durata di un’ora. Per questo tipo di collaborazione è prevista la copertura previdenziale, corrisposta dall’INPS, e quella assicurativa che viene garantita, invece, dall’INAIL.
E’ indispensabile tenere presente che il lavoro accessorio di questo tipo non prevede alcuna “prestazione a sostegno del reddito“. Si tratta, in pratica, degli assegni di maternità, di malattia, la disoccupazione e gli assegni familiari. In compenso il lavoratore può usufruire dei contributi pensionistici.
Lavoro accessorio, i vantaggi
Il boom dell’utilizzo di questa formula di contratto è dovuta a specifici vantaggi, soprattutto per i datori di lavoro. In pratica, con i voucher, il proprietario di un’azienda è in grado di usufruire di una prestazione lavorativa, senza sottoscrivere un contratto, con gli obblighi che ne derivano. Non si corre il rischio di incorrere in problemi, in caso di incidenti sul lavoro, grazie alla copertura offerta dall’INAIL e di vertenze.
I vantaggi, per quanto riguarda il lavoratore, consistono, invece, nella possibilità di non variare lo stato di disoccupato ed inoccupato, con i benefici fiscali del caso. A tutto ciò si aggiunge la possibilità di integrazione, di ulteriori fonti di reddito, con i voucher.
Insomma la formula del lavoro accessorio è in grado di garantire un ampio margine di libertà, sia per i datori di lavoro che per i “prestatori” con obblighi ridotti al minimo. La possibilità di veder riconosciuti i contributi pensionistici rappresenta senza dubbio un vantaggio per il lavoratore, rispetto ad altre formule di lavoro accessorio.
Un altro fattore da tenere presente è la possibilità di committenza di lavoro accessorio anche per gli enti senza fini di lucro, soggetti non appartenenti alla categoria degli imprenditori o operanti nel settore pubblico. Una specifica normativa è prevista, inoltre, per coloro che prestano il loro operato nel settore agricolo.
I prestatori
Chi può offrire le proprie prestazioni di lavoro accessorio? I disoccupati che rientrano nella categoria di “disoccupazione speciale per l’edilizia” o per l’agricoltura, i lavoratori aderenti alla Mini AspI, i cassintegrati ed i soggetti in mobilità sono le categorie che, con maggiore frequenza, aderiscono al lavoro accessorio dell’INPS.
A questi si aggiungono i lavoratori part time, i titolari di contratti a tempo parziale e gli studenti in vacanza. Una particolare regolamentazione riguarda quest’ultima categoria. Si considerano “studenti” i giovani con un’età inferiore a 25 anni regolarmente iscritti in un ciclo di studio o istituto scolastico di ogni ordine o grado.
I giovani minorenni, devono avere un’età inferiore a 16 anni ed essere dotati di un permesso speciale dei genitori o di chi esercita la patria potestà. Nel caso in cui il giovane debba operare in attività “a rischio” come l’industria o l’artigianato, è necessario presentare anche un certificato di idoneità al lavoro.
E’ indispensabile tenere presente che il valore della retribuzione lorda viene rivalutata periodicamente a seconda dei dati sul costo della vita dell’ISTAT come anche il guadagno massimo che è possibile ottenere annualmente: ora il limite è di 7mila euro netti annuali ovvero 9.333 lordi. Per coloro che ricevono forme di sostegno al reddito, il limite è, invece, di 3.000 euro netti (4.000 lordi).