Uno dei temi caldi negli ultimi tempi di dibattito politico è senza dubbio le pensioni. Anche se tutte le forze politiche si mostrano concordi nel superamento della Riforma Fornero, ancora oggi una soluzione che metta d’accordo tutti appare quanto mai lontana. La Quota 100, ad esempio, è un tema che più volte è stato riproposto in ambito politico trovando non pochi consensi all’interno della maggioranza. Ma cosa si intende, nello specifico, quando si parla di quota 100?
Quota 100: di cosa si tratta?
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Con il termine quota 100 si intende la somma risultante dall’addizione tra gli anni di contribuzione e l’età. In pratica è un meccanismo che consente di garantire un migliore ricambio generazionale nel mondo del lavoro offrendo la possibilità, a chi ha una certa quota contributiva ed età anagrafica “avanzata”, di accedere al servizio previdenziale.
Nella formula pensata negli ultimi mesi dal Ministero del Lavoro, con il termine quota 100 si intende l’introduzione di una maggiore flessibilità nell’accesso alla pensione. Con la quota 100, qualora approvata, i lavoratori potrebbero andare in pensione ad un’età minima di 62 anni ed una quota di contribuzione di 38 anni di età. Nel caso in cui la somma degli anni di contribuzione non raggiunga, sommata all’età anagrafica, la fatidica quota 100, sarà necessario aspettare gli anni rimanenti.
In pratica, con l’introduzione della quota 100, si andrebbero a ripristinare le condizioni presenti precedentemente alla riforma della Fornero che ha allungato non poco i tempi per accedere alla previdenza sociale.
L’applicazione
Applicare la quota 100 significa fare un passo indietro tornando al vecchio sistema delle quote. L’applicazione sarebbe relativamente semplice grazie alla somma tra l’età anagrafica e l’ammontare della contribuzione.
Oltre all’uscita dal lavoro a 62 anni che, come abbiamo specificato in precedenza rappresenta l’età minima per accedere alla prestazione previdenziale, potrebbe accedere alla pensione anche chi ha un’età pari a 63 anni, con un ammontare degli anni di contribuzione pari a 37, come i pensionati con un’età di 64 e 36 di contributi e via dicendo.
I lavoratori autonomi
Cambiano leggermente le condizioni per i lavoratori autonomi. Per costoro l’età minima è pari a 63 anni con la quota di contribuzione pari a 101. Cambiano di un anno quindi le combinazioni delle quote con un le seguenti combinazioni possibili: 64 e 37, 65 e 36 e così via.
In questo caso è necessaria l’iscrizione nelle gestioni speciali riservate ai lavoratori autonomi ed alla Gestione Separata dell’INPS.
Le condizioni previste per i lavoratori precoci
Si tratta di una condizione speciale e che non è prevista dal disegno di legge sulla quota 100. In questo caso la pensione potrebbe scattare a 62 anni o al raggiungimento dei requisiti previsti dalla normativa per la pensione anticipata.
In pratica, con questo sistema, un lavoratore, per accedere alla pensione, dovrà aspettare l’età fatidica di 62 anni, anche se le quote sommate portano al risultato di 100 (ad esempio 61 e 39 o 60 e 40). Insomma in questo caso aspettare il raggiungimento della quota 100 potrebbe essere insufficiente per accedere alla previdenza sociale.
La quota 41
Un altro “tetto”, da tempo oggetto di studio, è la quota 41. Si tratta di una formula destinata soprattutto a tutti i lavoratori che potranno andare in pensione appena raggiunti i 41 anni di contribuzione, ma solo per le attività definite usuranti. Oltre all’introduzione della formula della quota 41 sarà possibile anche accedere ad una quattordicesima maggiorata e l’estensione della cosiddetta No Tax Area.
Ad usufruire della cosiddetta Quota 41 saranno i lavoratori in stato di disoccupazione a seguito della cessazione del rapporto lavorativo per licenziamento, di dimissioni per giusta causa o attraverso la risoluzione del contratto. Il versamento dell’assegno di disoccupazione dovrà essere cessato per un periodo di almeno tre mesi.
Un’altra condizione per usufruire dell’uscita anticipata dal lavoro a 41 anni di contributi è l’assistenza ad un coniuge o un familiare in stato di disabilità, la sussistenza di una condizione di invalidità civile pari ad una quota minima del 74%.