Il mancato pagamento dell’importo designato su un assegno bancario avvia un particolare procedimento noto anche come assegno protestato. Essendo l’assegno un titolo di credito attraverso il quale il beneficiario può riscuotere una determinata somma riportata sul documento, la mancanza del pagamento dello stesso ne fa decadere gli effetti.
Si tratta di una circostanza comune che determina un preciso iter gestito, spesso, da un notaio oppure da un ufficiale giudiziario. La procedura, conosciuta con il nome di “protesto dell’assegno” si rivolge a garantire al creditore le dovute garanzie.
Assegno protestato: quando scatta la procedura di protesto
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Possono essere davvero tante le circostanze in grado di portare al protesto dell’assegno. Può capitare, in alcuni casi, che la somma riportata sul titolo sia effettivamente superiore a quella presente sul conto corrente. Insomma un evento comune e non sempre provocato volontariamente.
Il procedimento dell’assegno protestato si avvia nel momento in cui il creditore si presenta in banca con il titolo di credito emesso dal debitore. Sarà la banca a controllare la “copertura” dell’assegno cioè la presenza di un corrispettivo importo sul conto corrente del cliente; in caso di mancata corrispondenza, scatta il protesto dell’assegno.
La prima fase è, però, si riassume in una sorta di avviso che l’istituto di credito invia al debitore. Si tratta del cosiddetto “avviso di revoca“. Un termine di sessanta giorni viene, a questo punto, stabilito per effettuare il versamento di quanto dovuto. Due mesi di tempo intercorrono ora per la “copertura” dell’assegno da parte del debitore.
Avviene, in questo caso, il cosiddetto “pagamento tardivo” che prevede, oltre al versamento della somma riportata sull’assegno, anche l’applicazione di un tasso di interesse, le spese di protesta, oltre ad una penale del 10% sull’importo riportato. Insomma, una volta versato quanto dovuto il tutto si conclude “felicemente” per il creditore che ottiene quanto dovuto più gli interessi e il debitore che evita problemi maggiori. Ma cosa accade se la copertura non avviene nel periodo prefissato?
La segnalazione al Centro di Allarme Interbancaria
In questo caso si ha un ulteriore fase: l’iscrizione al CAI, il Centro di Allarme Interbancaria (leggi anche segnalazione CRIF). L’iscrizione in questa lista rimarrà anche dopo il versamento dell’importo riportato sull’assegno, ma non è l’unica conseguenza. Anche il Registro dei Protesti riporterà le generalità del debitore: si tratta di un atto rivolto ad evitare che altre persone abbiano a che fare con il soggetto.
Una sorta di nota di discredito nei confronti della persona e che ha una durata prefissata di cinque anni. A seguito di questa scadenza, il nome del debitore sarà cassato dall’apposita lista. Ricadute pesanti, quindi, quelle del protesto sul debitore.
La lista comporta, infatti, un comportamento diffidente da parte delle banche e, più in generale, degli istituti di credito. Tranne poche circostanze, riportate in questo articolo, sarà davvero difficile per un individuo oggetto alla procedura del protesto, ottenere una qualsiasi forma di finanziamento. Anche se una specifica procedura consente la cancellazione dalla lista della Camera di Commercio.
Cancellare un protesto, si può?
Come abbiamo visto le ricadute dell’assegno protestato possono essere davvero significative perciò provare a cancellarne le “tracce” è sempre molto utile. Nel caso in cui il debitore abbia versato quanto dovuto ad un anno dalla levata dal protesto, può richiedere di essere cancellato dalla lista attraverso una richiesta inoltrata alla Camera di Commercio. In questa determinata situazione è, indispensabile, però, mostrare l’attestazione che mostri l’effettivo pagamento e la liberatoria del creditore.
Diversa situazione per chi non ha effettuato il pagamento nel primo anno. Il primo passo da fare, in questo caso, è di presentarsi al Tribunale con un’istanza apposita di riabilitazione.
Si tratta di un’operazione che richiede l’assistenza di un legale, oltre alla documentazione necessaria dell’avvenuto pagamento. In caso contrario sarà indispensabile aspettare i canonici cinque anni, con le conseguenze del caso.
Proprio riguardo l’aspetto delle conseguenze è indispensabile tenere presente che l’assegno protestato può comportare anche delle sanzioni pecuniarie. Una multa che va da un minimo di 516 ad un massimo di 3.098 euro può essere , infatti, applicata a seconda delle caratteristiche della violazione. Nel caso in cui l’importo dell’assegno sia superiore a 10.239 euro o di reiterazione dell’infrazione, la sanzione varia da un minimo di 1.032 ad un massimo di 6.197 euro.