La concessione edilizia era un procedura molto conosciuta attraverso cui un ente comunale modificava la destinazione d’uso di una precisa area del comune autorizzando la realizzazione di nuovi immobili. Si tratta di un procedimento messo in campo nel 1977 nell’ambito della cosiddetta Legge Bucalossi. Inizialmente era il sindaco a gestire questo aspetto, ma successivamente sono stati i dirigenti comunali ad avere il potere di rilascio.
Il funzionamento era molto semplice. Era un proprietario di un determinato terreno ad inviare la richiesta per una concessione all’ente comunale chiedendo la realizzazione di uno o più immobili. La documentazione da presentare era molto precisa e si componeva di una descrizione dell’area sulla quale veniva realizzata l’opera corredata, naturalmente, dalle caratteristiche dell’immobile da realizzare.
Si complicavano leggermente le cose, invece, per coloro che avevano intenzione di realizzare una struttura di tipo produttivo o industriale. In questo caso era l’ASL ad intervenire per accertarsi del rispetto del terreno di determinati valori come la salvaguardia della salute degli abitanti del luogo. Una serie di controlli precisi ricadevano in capo all’Azienda Sanitaria Locale che doveva determinare il rispetto delle norme igienico sanitarie anche per i lavoratori impiegati nella struttura.
L’intera procedura doveva essere portata a termine nel limite massimo di sessanta giorni dalla data di ricezione della domanda.
Alcune cose sono, però, cambiate nel 2001 quando la concessione edilizia è stata sostituita dal “Permesso di Costruire“.
Dalla concessione edilizia al ‘Permesso di costruire’: ecco cosa cambia
Al pari della concessione edilizia anche il Permesso di costruire è una procedura regolata dall’ente comunale e che prevede la realizzazione di opere in una determinata area del territorio. Ad essere oggetto del permesso sono solo i lavori di nuova costruzione o gli interventi di urbanistica o edilizia.
Nel caso della ristrutturazione è utile tenere presente che si tratta di interventi che modificano la volumetria della struttura oppure la destinazione d’uso degli immobili, ma solo ne caso in cui la casa sia collocata in un centro storico (zone omogenee A). Insomma una casistica ben precisa come precisa è la domanda da presentare.
Permesso di costruire: come presentare la richiesta
La domanda va consegnata, corredata dalla documentazione necessaria, agli uffici del comune preposti. Il titolo di legittimazione è la più importante certificazione da esibire. Si tratta, in sostanza, di un copia dell’atto notarile, un atto dovuto per il quale rimandiamo all’apposita guida su come abbattere i costi. Sono da presentare, inoltre i progetti, oltre ad una specifica dichiarazione di un professionista del settore (ingegnere, geometra o architetto) che attesti la correttezza del progetto, il rispetto della normative edilizie oltre alle leggi che regolano la sismicità, la sicurezza, le caratteristiche igienico sanitarie e il grado di efficienza energetica dell’immobile.
Nel caso in cui i beni siano sottoposti ad una particolare tutela, è necessario presentare anche l’autorizzazione dell’ente preposto, al pari dell’autorizzazione paesaggistica. Il tutto deve essere corredato dalla relativa documentazione richiesta dalle norme del comune come la carta d’identità, i diritti di segreteria ecc.
A questo punto l’ente comunale ha dieci giorni di tempo per predisporre un impiegato che si prenderà in carico l’intero procedimento. Il responsabile ha due mesi per autorizzare le opere o negarne la realizzazione. E’ importante tenere presenti i termini temporali indicati. Al termine di tali scadenze, infatti, si realizza il cosiddetto silenzio assenso. In questo caso il permesso sarà come rilasciato.
Insomma un procedimento molto lungo, ma che può essere in parte evitato attraverso un’altra formula molto utilizzata in questo ambito. Si tratta della DIA, la Denuncia di Inizio Attività. Si tratta di una procedura molto più “snella”, ma applicabile solo per alcune attività.
La ristrutturazione edilizia, anche in grado di comportare significative variazioni delle volumetria dell’edificio, i lavori di nuova costruzione o ristrutturazione urbanistica se disciplinati da specifici piani attuativi decisi dall’amministrazione comunale, possono rientrare negli interventi per cui è possibile adottare questa formula.