La dichiarazione dei redditi rappresenta un momento essenziale per ogni famiglia italiana con ricadute importanti sulla quota Irpef da pagare. Per accedere alle varie detrazioni è quindi necessario mobilitarsi in tempo dimostrando di avere le carte in regola per ottenere degli sconti sul pagamento dell’imposta. Tra le diverse tipologie di detrazioni Irpef previste, un ruolo di primo piano è occupato senza dubbio da quella prevista per il coniuge a carico. In quali casi può definirsi il marito o la moglie a carico? Quali sono le detrazioni previste per questa particolare condizione? Vediamolo insieme in questa guida.
Coniuge a carico: requisiti per le detrazioni
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Naturalmente non tutti possono accedere alle detrazioni. E’ indispensabile che il coniuge possa essere considerato in specifiche categorie stabilite con precisione dalla normativa. Per accedere alle detrazioni in questione è innanzitutto indispensabile che il coniuge sia realmente considerabile come ”a carico” di chi effettua la dichiarazione Irpef. Secondo l’articolo 433 del Codice Civile, infatti, possono essere considerati in questa particolare condizione tutti i coniugi purché essi non risultino separati dal punto di vista legale.
In questo caso decade in automatico la condizione principale per accedere alle detrazioni. Naturalmente non solo il coniuge può essere considerato a carico, la legge definisce a carico anche i figli, sia adottati che biologici, che siano legalmente riconosciuti, i genitori, sia adottivi che biologici, i generi, le nuore e perfino le suocere. Si aggiungono alla lista anche i fratelli e le sorelle che siano nati dagli stessi genitori o ”unilaterali” ovvero nati da un genitore diverso. Ma in quali casi un coniuge o un parente può essere definito realmente a carico dal punto di vista fiscale?
Familiare a carico: cosa dice la normativa?
Possono essere considerati come ”a carico” tutti quei soggetti che vivono nello stesso immobile del dichiarante e che abbiano un reddito complessivo non superiore 2.840,51 euro lordi all’anno. Per stabilire la condizione di coniuge a carico è indispensabile che siano valutati altri aspetti fondamentali come il reddito correlato alla cedolare secca sulle locazioni, la presenza di eventuali retribuzioni corrisposte da altri enti previdenziali del nostro paese, ma anche quelle corrisposte da organismi internazionali come i consolati, le rappresentanze diplomatiche o della Santa Sede.
Se riscontrati tutti i requisiti previsti dalla normativa, è possibile usufruire delle detrazioni. Ma a quanto ammontano le detrazioni per un coniuge a carico?
Coniuge e figli a carico: quanto spetta?
A stabilire questo particolare aspetto è l’articolo 12 del Tiur che prevede che i contribuenti possano accedere ad una detrazione di ottocento euro nel caso in cui il reddito risulti inferiore a 15mila euro annuali, a 690 euro per i redditi che vanno dai 15mila ai 40mila e di 690 euro per i redditi compresi tra i 40mila e gli 80mila euro.
Per quanto riguarda i figli è utile tenere presente che le detrazioni sono di competenza di entrambi i coniugi nel caso in cui essi siano titolari di un reddito. In questo caso è possibile, dunque, dividere le detrazioni del 50% per ogni coniuge. Nessun altra ripartizione è applicabile tra i coniugi.
L’unica possibilità di modifica è quelle del 100% per il coniuge con un reddito superiore. E’ importante tenere presente che la detrazione per i figli a carico può essere applicata anche per un reddito superiore al fatidico limite di 2.840,51 euro, ma nel solo caso in cui il reddito sia soggetto a tassazione separata come nel caso del Tfr o dei redditi di capitale.
Per i figli a carico la detrazione massima prevista è pari a 950 euro per ogni figlio con un aumento di 1.220 euro applicato per ciascun bambino con un’età inferiore ai tre anni e di ulteriori quattrocento euro se affetto da handicap certificato dall’Asl. Nel caso di quattro o più figli è prevista un’ulteriore detrazione di 1.200 euro complessivi.