In tempi di crisi la riscossione dei crediti rappresenta un tema più caldo che mai. Non si contano le società, gli enti sia pubblici che privati, che si rivolgono alle società di recupero crediti che scendono in campo più aggressive che mai per ottenere il debito. Un margine di guadagno, ovvero le provvigioni, viene spesso riconosciuto sulla somma ottenuta da parte del debitore, un fattore che spinge le società di recupero crediti ad un comportamento molto deciso nella ricossione. Ma i diritti in capo a quest’ultimo sono ben precisi e devono essere rispettati in ogni caso. Ecco una serie di comportamenti spesso messi in campo dalle società di recupero crediti e perfettamente legali ed i comportamenti che costituiscono, invece, un illecito vero e proprio.
Società di recupero crediti: come possono agire nei confronti del debitore?
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Una delle ”minacce” che le compagnie di questo settore rivolgono al debitore è la segnalazione alla Crif. Lo possono fare? Ebbene sì, ma solo per i debiti contratti con gli istituti di credito e con società finanziarie. Per le altre compagnie, come le società telefoniche o qualsiasi entità privata, la segnalazione come cattivo pagatore è del tutto impossibile. Anche il trattamento dei dati personali del debitore e la comunicazione verso terzi sono oggetto specifiche restrizioni.
Solo i dati indispensabili all’esecuzione dell’incarico possono essere utilizzati dalla compagnia come il codice fiscale o la partita Iva dell’azienda debitrice, oltre ai recapiti telefonici, l’ammontare del credito vantato e quelli anagrafici. È obbligatoria la cancellazione in fase di conclusione del contratto e le somme sono state regolarmente versate dal debitore.
I comportamenti vietati e i diritti del debitore
Uno dei passaggi che più comunemente vengono realizzati dalle società di recupero crediti è quello di presentarsi a casa del debitore. Cosa può fare quest’ultimo? È indispensabile tenere presente che gli addetti alla riscossione dell’agenzia di recupero crediti non sono ufficiali giudiziari, ma semplici cittadini privati quindi è diritto del debitore non comunicare con loro né tanto meno aprire la porta.
Un altro dei mezzi di coercizione che, spesso viene utilizzato dalle società di recupero crediti, è di paventare ricadute anche dal punto di vista legale per i debitori, fino al carcere. In realtà avere un debito, anche di notevole entità, non configura mai un reato di tipo penale, né tanto meno conseguenze coercitive come la reclusione. Non pagare quanto dovuto produce, però, degli effetti ben precisi. Il pignoramento dei beni rappresenta una delle conseguenze, ma si tratta di un passaggio necessariamente successivo ad una condanna o ad un decreto ingiuntivo.
Anche per decretare il fallimento di una società, in condizione debitoria, è necessaria un’apposita procedura di fallimento preceduta necessariamente da un decreto ingiuntivo ed una sentenza che dimostri la presenza di un credito. In generale è vietato comunicare al debitore notizie false circa le conseguenze della sua posizione debitoria.
Un altro aspetto che le società di recupero crediti devono tenere presente è la riservatezza del debitore. Pertanto è assolutamente vietato affiggere gli avvisi di mora sulla porta, il rilascio di comunicazioni alla segreteria telefonica e la comunicazione postale con delle iscrizioni ben visibili sulla busta. Insomma tutte le comunicazioni che possono venire a conoscenza di terse persone.
Lo stalking
È una delle fattispecie più gravi e conseguenti all’azione delle società di recupero crediti. Specifiche norme determinano, infatti, l’incoercibilità sia da punto di vista psichico che fisico del debitore. L’azione della società, secondo la normativa, deve essere attenta a non peggiorare la qualità della vita del debitore.
Sono vietate le telefonate in orari irragionevoli, magari durante il normale orario di lavoro o nei momenti di riposo. In molti casi le pressioni esercitate dalle società di recupero crediti possono rappresentare un vero e proprio reato.