Una delle imposte più evase nel nostro paese, ma anche in varie aree d’Europa, è senza dubbio l’Iva. Non si contano i provvedimenti messi in campo per abbattere il fenomeno del mancato versamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto. Una dei più comuni è il cosiddetto reverse charge o, tradotto nella nostra lingua, l’inversione contabile. Per sapere cos’è l’imposta sul valore aggiunto ti consigliamo questa guida sull’IVA da appuntieconomia.it.
Si tratta di una particolare modalità di registrazione dell’Iva che avviene con la traslazione dell’obbligo di registrazione dal commerciante al cliente. Insomma un meccanismo davvero particolare, previsto nella normativa europea, che elimina del tutto l’elusione del pagamento dell’Iva nelle transazioni comunitarie, ma non solo. Ma come si applica?
Reverse charge: come funziona?
Detto in termini pratici, l’inversione rappresenta un aspetto contabile che prevede che il venditore emetta la normale fattura, ma senza l’addebito dell’Iva, come normalmente dovrebbe accadere. L’acquirente, invece, deve integrare la somma prevista sulla fattura, con l’aliquota Iva applicata, registrando l’annotazione sotto due diverse voci: una nel registro delle fatture di acquisto, l’altra nella sezione dedicata al registro delle vendite.
In pratica potremmo ipotizzare, a titolo di esempio, una procedura di acquisto nella quale l’acquirente è il soggetto passivo di fattura. L’emissione della fattura avviene, così, per un totale di 1000 euro. Il venditore emetterà una fattura nella quale non si fa riferimento alla trattenuta Iva registrando, in contabilità, il “Credito Verso Azienda” a “Ricavi per Cessione di Beni o Prestazioni“.
La figura dell’acquirente, così, riceverà una fattura con un importo pari a 1000 euro. La registrazione della somma avverrà con l’integrazione con l’ammontare dell’Iva. In pratica l’acquirente segnerà due diverse operazioni: quella di acquisto e di autofattura con la specificazione dell’Iva.
In questo modo chi effettua l’acquisto registrerà così: “Merci Conto Acquisto” e “Iva su Acquisto” a “Fornitore Esente per Reverse Charge”. Per quanto riguarda l’autofattura, l’indicazione sul registro avverrà specificando “Cliente per Autofattura” a “Vendita Fittizie di Merci” ed “Iva su Vendite”.
In pratica, nella registrazione della partita doppia, l’acquirente deve specificare la somma dell’Iva sia nella voce “Dare” che in “Avere” annullando, nei fatti, l’operazione. L’emissione dell’autofattura, nel Reverse Charge, fa in modo che il cliente corrisponda l’Iva allo Stato, in luogo del fornitore. L’acquirente, così, addebiterà l’imposta al consumatore finale, attraverso il costo del prodotto.
Quando è possibile applicare la formula Reverse Charge?
Come detto in precedenza l’applicazione del meccanismo di reverse charge consente di limitare il fenomeno dell’evasione dell’Iva in Italia, come in vari paesi europei negli scambi comunitari. Ma nel nostro paese è il settore dell’edilizia che ha visto un utilizzo massiccio dello strumento, ma non l’unico.
La normativa comunitaria consente l’applicazione dello strumento contabile, anche nel settore della compravendita di metalli preziosi e, nello specifico, dell’oro di investimento o di materiali in oro per diversi utilizzi. A ciò si aggiunge la cessione dei prodotti semilavorati con una purezza pari o superiore a 325 millesimi.
Ma anche la cessione dei servizi consente di utilizzare lo strumento del reverse charge. Si tratta di un ambito nel quale ricade anche la prestazione di manodopera, sempre nel settore dell’edilizia, per le imprese che lavorano con la formula del subappalto e nei confronti delle compagnie che operano per la costruzione e la ristrutturazione degli immobili, ovvero dell’appaltatore principale o di una ditta subappaltatrice.
Altri ambiti di applicazione sono: la cessione di computer, di accessori o di diversi componenti hi tech, di materiali e per prodotti lapidei ovvero lastre provenienti dalle miniere. Negli ultimi anni anni l’utilizzo del reverse charge ha riguardato, oltre ai settori immobiliare e di costruzione, anche l’ambito della tecnologia ovvero per la vendita di smartphone, dei tablet, delle console di gioco e, come abbiamo visto in precedenza, dei computer portatili.