La revocatoria fallimentare è una formula che rende inefficaci le azioni effettuate da un soggetto fallito, così da recuperare il denaro per i creditori. Ed è proprio per la tutela dei creditori che la revocatoria fallimentare viene messa in campo. L’annullamento degli atti avviene per un periodo di sei mesi, ma anche uno o due anni precedenti al fallimento e comporta la cessione dei beni nel patrimonio del fallimento, in modo da soddisfare le richieste dei creditori.
Insomma una formula di protezione che ricade direttamente sulle azioni del soggetto fallito, per un determinato periodo considerato ”sospetto”. Le condizioni per applicare la revocatoria fallimentare sono, però, ben precise e decise da un giudice alla luce di elementi ben precisi.
Prevista dal Regio Decreto n. 267 del 1942 e dagli articoli 64 a 70, la Legge annulla la validità delle azioni che il fallito ha realizzato precedentemente al fallimento ed attraverso le quali ha disposto dei propri beni.
Con l’articolo 64 si parla degli ”Atti a titolo gratuito”, ovvero tutte quelle azioni attraverso le quali si è effettuato donazioni o concessioni a titolo gratuito verso altri soggetto. In pratica la legge sulla revocatoria fallimentare annulla questi procedimenti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento cancellando gli effetti nei confronti dei creditori.
Non vengono coinvolti, di solito, nella procedura di revocatoria fallimentare, tutte le elargizioni di entità modesta e le donazioni considerate di utilità pubblica. Si tratta di provvedimenti minori e che, di solito, non hanno conseguenze sulla situazione del debitore.
Con l’articolo numero 65 della revocatoria fallimentare, inoltre, vengono revocati tutti gli atti effettuati nei due anni precedenti al fallimento con l’annullamento dei debiti in scadenza dalla dichiarazione del fallimento.
Gli effetti della revocatoria fallimentare
Come detto in precedenza, il primo e principale effetto della revocatoria fallimentare è l’annullamento degli atti effettuati dal fallito in un determinato periodo precedente al fallimento stesso. E’ importante distinguere, però, la revocatoria fallimentare dalle altre formule previste dal Codice Civile come la revocatoria ordinaria.
Ma qual è l’obbiettivo della revocatoria fallimentare? Si tratta di una formula indirizzata ad impedire che il fallito disperda tutto il suo patrimonio prima del fallimento danneggiando i creditori o alcuni di essi.
Per i fallimenti, infatti, vige la regola della par condicio creditorum: una formula che prevede che tutti i creditori di un determinato soggetto vengano ”trattati” allo stesso modo, senza alcun tipo di distinzione.
Revocatoria fallimentare: il periodo sospetto
Una delle caratteristiche basilari della revocatoria fallimentare è che essa viene applicata solo in determinate occasioni ed entro precisi termini stabiliti dalla Legge. Secondo l’articolo 67 l.f. definisce con chiarezza i limiti entro i quali la procedura può essere effettuata.
La revocatoria fallimentare può essere effettuata sugli atti a titolo oneroso effettuati nei dodici mesi precedenti alla dichiarazione di fallimento e nel caso in cui le prestazioni effettuate e le obbligazioni del fallito superino di un quarto la somma che è stata promessa o data. In pratica il fattore fondamentale è che ci sia un mancato equilibrio tra la somma che il fallito deve corrispondere e ciò che deve ricevere in cambio.
La procedura si applica, inoltre, sugli atti estintivi di debiti scaduti ed esigibili, non realizzati con denaro o altri sistemi di pagamento ”classico” e se compiuti nei dodici mesi precedenti alla dichiarazione del fallimento.
Un’altra fattispecie prevista è la presenza di pegni o ipoteche volontarie e giudiziarie applicate nel periodo precedente alla dichiarazione di fallimento per i debiti presistenti e non ancora scaduti.
In ogni caso l’atto è revocato nel caso in cui il terzo soggetto coinvolto, ovvero il fallito, ha corrisposto una somma o un bene, e non sia in grado di provare di sapere della condizione di insolvenza del fallito.